Il vino naturale proviene da uve coltivate con metodi tradizionali (prevalentemente agricoltura biologica, talvolta biodinamica, organica ecc.), assecondando la natura e limitando all’indispensabile l’intervento dell’uomo, senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi.

Dunque il vino naturale si fa in vigna. Alla base della produzione di vino naturale c’è il rispetto per la terra, lavorando per la fertilità del suolo e curando le viti senza forzare la produzione con additivi o tecnologie invasive. In questo modo l’uva vendemmiata e portata in cantina è sana e ricca di qualità. Lo scopo è proprio quello di ottenere una bevanda con profumi e aromi unici perché espressione di un territorio, inteso come insieme di fattori diversi e distinti, quello che i francesi definiscono terroir.

Con il termine terroir si indica il rapporto che lega un vino alle specifiche del territorio in cui si trovano i singoli vigneti: zona geografica, clima, caratteristiche del suolo e dei vitigni. In senso più ampio fanno parte del terroir tutte le caratteristiche che rendono unico un vino, comprese le modalità di coltura in vigna e di vinificazione in cantina.

Non contenendo sostanze chimiche addizionate, che aiutano la produzione di vino ma al tempo stesso ne uniformano il sapore, il vino naturale è un’espressione diretta del territorio a cui appartiene. Nelle caratteristiche territoriali rientrano anche i lieviti indigeni, naturalmente presenti nell’aria. Questi lieviti, trasportati dal vento e veicolati dalla fauna viva e sana che popola un vigneto non trattato chimicamente, si depositano sulla buccia dell’uva quando è sulla pianta e durante la pigiatura entrano in contatto con il mosto, iniziandone la fermentazione alcolica e conferendo al vino proprietà organolettiche specifiche e tipiche del territorio.

Nella produzione di vino convenzionale si ricorre all’aggiunta di molti additivi nella vinificazione (solfiti, lieviti selezionati, correttori di acidità, albumina d’uovo, gomma arabica, cremor tartaro, colla di pesce, proteine vegetali, enzimi e coloranti vari etc) per conservare e stabilizzare il vino, o per renderlo più limpido e con meno depositi. Senza contare la necessità di standardizzare i processi intensivi in larga scala, per automatizzarli e riuscire a lavorare grandi quantità di prodotto che ogni anno deve avere lo stesso sapore. Nella produzione di vino naturale si parte da uve biologiche di prima qualità, vendemmiate e controllate a mano (selezione dei grappoli), sane e prive di muffe: questo evita il proliferare di batteri nelle prime fasi di lavorazione.

Stretti controlli igienici, dei tempi e, talvolta, delle temperature, permettono di ottenere una buona fermentazione senza la necessità di aggiungere additivi di nessun genere, fatta eccezione per quantitativi ridotti di anidride solforosa.

Molti vini naturali vengono prodotti senza nessuna aggiunta di solfiti, ma possiamo considerare naturali anche vini che abbiano quantitativi ridotti di solfiti aggiunti, che non dovrebbero superare i 30 mg per litro. La loro aggiunta dipende anche dall’andamento della stagione e dall’affinamento in cantina. A volte risulta necessario ricorrere alla solfitazione se le condizioni di sanità delle uve o le analisi del vino prima dell’imbottigliamento non sono nella norma.

Diversi produttori decidono di farne comunque a meno, anche perché i solfiti, essendo un sottoprodotto naturale della fermentazione, sono presenti nel vino in piccole quantità, sufficienti a svolgere, assieme all’alcol, il loro compito di conservanti naturali senza che ci sia bisogno di ulteriori aggiunte.

Questi metodi portano i vignaioli a correre molti rischi, per seguirlo occorre un’ampia consapevolezza e conoscenza sia in vigneto che in cantina.

Fonte: articolo di Donato Antonio Notarachille. Rivista elettronica Mangiaebevi

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